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Questo è l’ammiccante ed invitante saluto, che uno, dieci cartelli posti ai confini di un territorio semplicemente splendido, che chi crede attribuisce alla bontà di Dio, mentre, per  l’agnostico è espressione di una natura che ha voluto dare sfoggio delle sue facoltà creative. Uno scrigno, un cilindro senza fondo, da cui una mano allenata, riesce a portar fuori mille tesori, rappresentati da un miscuglio di realtà che vanno dall’ambiente ancora sano, incontaminato e selvaggio alle opere di un’arte  di un passato remoto e recente che raccontano la storia e la fanno diventare attualità di una cronaca giornaliera che vive attraverso quelle pietre che narrano l’oggi nel susseguirsi cronologico di un tempo che non ha spazi, ne confini. Eppure, queste opere, questa natura sono ancora oggetto che si cela all’occhio umano. Non si è riusciti a scoprirle ed il loro messaggio rimane muto ed inascoltato. L’incuria dell’uomo e il danno che ne deriva è evidente. E’ evidente quando percorrendo quei sentieri assolutamente naturali, perché scavati da ciò che il tempo ha saputo progettare e non certamente naturalistici, poiché ciò che si para alla vista è continuamente violentato, si nota  che tante, troppe foreste sono diventate ricettacolo d’immondizia, deposito di rifiuti; è evidente nel momento in cui notiamo che quanto la fede, l’arte e la tradizione ha lasciato è deturpato in nome e per conto di un progresso sfrenato, che, in nome chissà di quale civiltà, accampa diritti che non ha. Il Monte della Stella, è il luogo del culto per antonomasia, per la la gente cilentana.
Sulla sua sommità esiste una Cappella dell’anno 1100, tra le cui mura si venera la Vergine Maria. Tutti, indistintamente, guardano a quella vetta , identificandolo come un faro su cui fare affidamento per non naufragare nel procelloso mare dell’abbandono. Immersa nel verde delle foreste che la circondano, oggi, è costretta a vivere il suo eterno perigrinare all’ombra di tralicci di ferro alla cui sommità cento antenne irradiano i loro segnali.  A San Mango Cilento un antico Palazzo, quello dei Baroni del Giudice, rischia miseramente di cadere e con esso anni ed anni del piccolo, ma importante cammino di questo Borgo che comunque ha rappresentato un tassello necessario nel grande mosaico che raffigura il passato del Cilento in genere, e della collina in particolare. Metterci mano è non solo importante, ma indispensabile, perché si lasci alle future generazioni un segno della loro genesi. Là dove era il Centro dell’antico paese, un campanile, unica vestigia di un Monastero, che per quanto è scritto, fu di vitale importanza per la religiosità e la cultura di questi posti, vive, se non da subito preso in seria considerazione, le sue ultime ore. La sua attuale stabilità gli proviene da quella grande forza che è intrisa nell’anima che certamente si nasconde tra quelle pietre. L’elenco sarebbe lungo, ma per carità di Patria ci fermiamo qui. Il Parco è cultura e non sede politica di giochi di potere. P. S.  Il campanile, la sorgente Cornale, il muliniello sono stati meravigliosamente ristrutturati,  complimenti ai mandanti e agli esecutori, peró  c´è ancora molto da fare!!!